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Qual è il significato di neurodivergenza? E di neurodiversità?

E’ importante chiarire i significati dei termini “neurodivergenza” e “neurodiversità”, le cui definizioni vengono spesso utilizzate in maniera interscambiabile.
La parola “neurodiversità” è un termine neutro, equivalente di “diversità neurologica”, esattamente come il termine “biodiversità” fa riferimento alla diversità biologica, quindi alla varietà presente tra le forme di vita e alla variabilità presente in ogni specie. In questa concezione, tutti i cervelli, compresi quelli neurotipici, sono considerati parte della neurodiversità.
Il termine neurodiversità fa quindi riferimento alla varietà nelle tipologie dei cervelli umani, ovvero a come sono strutturati, come funzionano, come percepiscono la realtà, come processano le informazioni, come rispondono agli stimoli, risolvono problemi, interagiscono con il mondo e si adattano alla vita sociale e materiale.

Neurodiversità e Neurodivergenza, significato e definizioni

La paternità del termine “neurodiversità” è attribuita a Judy Singer, sociologa e attivista che nel 1988 scrisse una tesi sugli attivisti autistici e sostenitori della mailing list Indipendent Living (InLv). I termini “diversità neurologica” e “neurodiversità” erano già stati rispettivamente pubblicati nel 1997 e 1998 nel lavoro del giornalista Harvey Blume che attribuì il termine alla comunità online delle persone autistiche, come quella raccolta intorno all’Institute for the Study of the Neurologically Typical. Nel 2023 Dekker, il fondatore della comunità online Independent Living, ha rintracciato il termine in una discussione online del 1996 in cui un partecipante, Tony Langdon, parla della “diversità neurologica delle persone”, spiegando che gli individui atipici nella società “offrono prospettive diverse, necessarie per generare nuove idee e progressi, siano essi tecnologici, culturali, artistici o di altro tipo.”
Il termine è quindi probabilmente nato all’interno di gruppi di discussione online condotti da persone autistiche.

Con il termine “neurodivergenza” si intende invece la differenza in termini di caratteristiche di funzionamento che permette di discriminare tra persone neurodivergenti e neurotipiche. Le persone con funzionamento e caratteristiche neurodivergenti differiscono rispetto alla maggioranza nella maniera di percepire e processare esperienze e informazioni. La parola neurodivergenza assume quindi i connotati di un termine “ombrello” in cui vengono inclusi tipologie specifiche come autismo, disprassia, dislessia, e ADHD ma anche, con concettualizzazioni più estese, sindrome di Tourette, Disturbo ossessivo compulsivo, cerebrolesioni acquisite.

Il concetto di neurodivergenza sembra attualmente avere molte definizioni, in mancanza di un accordo a livello scientifico su una definizione univoca e può quindi essere approcciato da diversi punti di vista, che variano in base alla “filosofia” che li sottende. Può essere intesa come una serie di condizioni patologiche, come un’identità, come un insieme di sintomi che impattano sul funzionamento quotidiano, o come un modo differente di processare le informazioni.
Le diverse definizioni spaziano generalmente tra il modello medico e quello sociale.

Nel modello medico, la neurodivergenza è vista come una serie di disturbi neuroevolutivi che emergono nella prima infanzia, influenzano lo sviluppo e possono compromettere il funzionamento personale e sociale, sostanziandosi in una serie di condizioni patologiche. Questo approccio, tuttavia, tende a patologizzare differenze naturali, neurobiologicamente fondate, puntando a “normalizzare” individui neurodivergenti in base a un’ottica che prende avvio da un punto di vista che considera sano, normale e naturale solo il comportamento, la sensibilità e i punti di forza e debolezza neurotipici. Nella concettualizzazione medica, le neurodivergenze sono in sintesi considerate come disturbi del neurosviluppo.

La prospettiva sociale prevede invece una concettualizzazione più ampia e inclusiva del termine neurodivergenza, per cui le difficoltà contro cui si scontrano le persone neurodivergenti non sono dovute a condizioni patologiche e quindi risultato di “sintomi”, ma dovute alla rigidità di un ambiente sociale non pensato per accogliere la minoranza delle persone neurodivergenti, quindi autistiche, plusdotate, dislessiche…
Il modello sociale, inoltre, interpreta la neurodivergenza come un insieme di modi diversi di pensare e apprendere che arricchiscono la società, proprio come la biodiversità in natura. Secondo questo modello, le persone neurodivergenti hanno un valore intrinseco, possono offrire prospettive uniche e soluzioni originali.

 

Fonti:
Botha, M., Chapman, R., Giwa Onaiwu, M., Kapp, S. K., Stannard Ashley, A., & Walker, N. (2024). The neurodiversity concept was developed collectively: An overdue correction on the origins of neurodiversity theory. Autism, 28(6), 1591-1594.

Jaarsma, P., and Welin, S. (2012). Autism as a natural human variation: reflections on the claims of the neurodiversity movement. Health Care Anal. 20, 20–30.

Pellicano, E., and den Houting, J. (2022). Annual research review: shifting from ‘normal science’ to neurodiversity in autism science. J. Child Psychol. Psychiatry 63, 381–396.

Singer, J. (1999). “Why can’t you be normal for once in your life? From a ‘problem with no name’ to a new category of disability”, in Disability discourse. eds. M. Corker and S. French Open University Press, 59–67.

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La valutazioni sono utili a chiarire tratti di personalità, aspetti emotivi, relazionali e di disagio.

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